Si trasmette la lettera aperta inviata all’Assessore al Welfare, Dott.ssa Letizia Moratti, da parta della Federazione Regionale dell’Ordine dei Medici della Lombardia in merito alle pesanti affermazioni dell’Assessore.

In allegato, la lettera inviata e la precedente lettera rimasta senza risposta. 

Lettera aperta all'Assessore Moratti del 25 ottobre 2021

Abbiamo appreso le Sue dichiarazioni, esternate alla stampa in occasione di una Sua visita del 23 ottobre scorso aII’OspedaIe Papa Giovanni di Bergamo, relative all’attività lavorativa dei medici di famiglia, dichiarazioni che dimostrano scarsa conoscenza della realtà lavorativa della medicina territoriale.

La medicina del territorio sta subendo le conseguenze dovute a una grave e reale carenza di MMG/PLS, a causa di un clamoroso errore di programmazione, da noi da anni denunciato, che determina un insufficiente ricambio generazionale e che, quindi, non permette un'adeguata ed efficiente copertura delle zone carenti. Tale situazione obbliga i medici di famiglia ad un impegnativo e inaccettabile ampliamento del massimale degli assistiti. Come da Lei citato, l’orario di apertura degli ambulatori, proporzionale al numero dei pazienti, è sancito daII’ACN ma di fatto sono solo numeri che non riflettono la reale tempistica del quotidiano lavorativo della medicina territoriale, che non è fatta solo di visite ambulatoriali nelle quali Io studio è aperto al pubblico (peraltro, solitamente, ben di più di quanto prescritto dalI’ACN e dagli accordi integrativi regionali), ma anche di visite domiciliari e di attività sul territorio, di espletamento delle attività burocratiche, di numerosissimi contatti con i pazienti mediante nuovi e tradizionali mezzi di comunicazione. Riteniamo quindi improprie le Sue dichiarazioni che evidenziano scarsa conoscenza della realtà lavorativa della medicina di famiglia e mettono in dubbio la professionalità e l’impegno dei MMG/PLS, che hanno affrontato con dedizione e impegno l’emergenza Covid. Le ricordiamo le decine di medici di famiglia morti sul campo nella nostra Regione, per assistere i pazienti nella prima fase della pandemia, quando veniva Ioro negata persino la possibilità di acquistare le necessarie protezioni individuali: il numero di medici di famiglia caduti, proporzionalmente, è stato enormemente superiore a quello di ogni altra categoria di medici e di operatori sanitari.

Siamo invece d’accordo che la medicina del territorio debba essere rimodulata potenziando l’esistente e integrandola secondo i nuovi indirizzi dettati dalla Missione 6 salute del PNRR. In merito alle ipotesi di riordino Le alleghiamo, comunque, la comunicazione che Le avevamo inviato in data 15 febbraio 2021 e che non ha mai avuto riscontro.

Lei fa riferimento all’estero, ma all’estero nessun medico lavora senza il supporto diretto, nel suo studio, di infermiere e segretaria. Da noi gli infermieri del territorio sono allocati nei distretti ad “intercettare i bisogni”, mentre i medici di famiglia, sul territorio, da sempre invece risolvono i problemi, a mani nude. Lei parla di dipendenza, forse riferendosi al sistema portoghese, noi preferiamo parlare di professione, riferendoci a Germania, Francia e Regno Unito. Lei parla di dipendenza senza sapere che, applicando le regole di tale rapporto di Iavoro (malattia, INAIL, tutela della gravidanza, Iegge 104, ecc.), le servirebbe almeno il 30% in più di personale medico, che non può creare dal nulla. Lei parla di dipendenza, come se Io stato giuridico di pubblico impiegato, garantisse la governance di un sistema diffuso, che è molto diverso da quello organizzato di una struttura.

Sempre disponibili ad una fattiva collaborazione, ci auguriamo, nell’interesse dei cittadini lombardi, che Iei voglia fattivamente coinvolgere le competenze della professione in un processo di riforma, che non può basarsi su ideologie e preconcetti, ma deve fondarsi sulla realtà dell’assistenza.

 Lettera FROMCeO del 15 febbraio 2021 con proposte sulla Legge 23/2015 

Premesse

L’attuale assetto del SSR, dettato dalla L.R. 11 agosto 2015, n. 23, “Evoluzione del sistema sociosanitario lombardo: modifiche al titolo I e al Titolo Il della Iegge regionale 30 dicembre 2009,
n. 33 (testo unico delle leggi regionali in materia di sanità)”, ha determinato non poche criticità, evidenziate in occasione della pandemia covid 19,che hanno coinvolto la realtà territoriale e quella ospedaliera.
La Iegge n.23 ha di fatto profondamente modificato il nostro SSR; infatti la Regione pur mantenendo l’attività di programmazione, ha delegato gran parte della governance alle 8 ATS e ha Iasciato alle ASST l’attività di erogazione pubblica.
Con tale sistema le attività territoriali dovevano essere in carico alle ASST che invece hanno sempre concentrato la maggior parte delle risorse sugli ospedali per acuti, soprattutto in un momento così delicato della pandemia che ha evidenziato e amplificato, sul territorio, carenze di tipo organizzativo
e di supporto all’assistenza domiciliare, carenza di protocolli terapeutici e di strumentazione medica adeguata e soprattutto un inadeguato coordinamento da parte dei dipartimenti delle cure primarie e un’inadeguata potenzialità di intervento da parte dei dipartimenti della prevenzione, depotenziati dalla carenza di risorse umane e di autonomia organizzativa.
Anche la realtà ospedaliera, pur contando su maggiori risorse, ha patito non poche difficoltà legate a carenza di personale e a carenze strutturali degli spazi ospedalieri che, in alcuni casi, ha complicato non poco la separazione dei percorsi puliti e sporchi e ha purtroppo ridotto l’attività assistenziale di normale routine, anche ambulatoriale, nel follow up dei pazienti cronici.
Alla Iuce di queste premesse ci è sembrato utile elencare alcune proposte riguardanti la rete territoriale e ospedaliera, come contributo a una indispensabile rivisitazione del nostro SSR nello spirito di una fattiva e costruttiva collaborazione.
Proposte di riforma della rete territoriale
Si riportano di seguito alcune indicazioni sintetiche relative al riordino della medicina territoriale. Si ritiene più utile un elenco puntato che prescinde da valutazioni di ordine generale, che si è già avuto modo di esprimere in passato, per una maggiore efficacia di un messaggio finalizzato più a un apporto di tipo collaborativo e costruttivo che all’affermazione di principi che potrebbe essere difficile concretizzare nella prassi. Le indicazioni fornite rappresentano, come è ovvio, quanto esprimibile dall’istituzione ordinistica e prescindono dagli aspetti operativi di competenza di sindacati e società scientifiche.

1. E’ necessario poter contare su una catena di comando certa nell’ambito delle cure primarie, in grado di fornire indicazioni in ambito di PDTA, organizzazione, relazioni con le istituzioni locali e con i cittadini. Il recente documento AGENAS identifica come poli di tale catena le strutture distrettuali. Certamente la duplicità di rapporto con ATS e ASST rende difficili le relazioni e i riferimenti. La recente esperienza dei CdRT ha evidenziato come un’ organizzazione territoriale possa migliorare la diffusione e la condivisione di pratiche professionali, ma ha al tempo stesso rivelato tutte le criticità di un’eccessiva frammentazione e della mancanza di competenze diffuse di tipo gestionale, che richiedono una formazione specifica non surrogabile dalla competenza clinica. Sarà comunque necessario potenziare i dipartimenti di cure primarie e soprattutto la struttura dedicata dell’assessorato al welfare, che nel periodo della pandemia ha svolto una difficile, efficace ed encomiabile attività di coordinamento, ma è stata limitata daII’esiguità del personale, rispetto ai carichi di lavoro.
2. Gli studi dei MMG/PLS devono poter prevedere la presenza di personale amministrativo e di infermieri e questo elemento deve essere adeguatamente finanziato. Ove possibile dovrebbero comprendere più medici associati, strumenti diagnostici e di telemedicina, eventuale disponibilità di consulenze specialistiche. Nelle aree periferiche le esigenze di capillarità dovrebbero essere contemperate con la necessità di un’organizzazione efficace e con l’effettiva presenza dei professionisti, valutando, entro certi limiti, l’opportunità di studi periferici e di un adeguato sistema di trasporti. L’unità di base dovrebbe essere un microteam medico-infermiere-amministrativo.
3. Gli accordi collettivi dei MMG/PLS dovrebbero prevedere maggiore uniformità e cogenza, eliminando aree grigie e discrezionalità che vanno a detrimento sia deII’uniformità che dell’immagine del servizio. Il finanziamento dei MMG/PLS deve essere adeguato ai compiti di presa in carico che vengono dati a queste categorie di professionisti.
4. Devono essere posti in atto strumenti contrattuali e organizzativi in grado di rendere in Lombardia attrattiva la medicina generale per i nuovi medici, in relazione al drammatico ricambio generazionale in atto. La carenza di medici di famiglia è un problema in tutto il Paese, ma nella nostra Regione è particolarmente grave in quanto i professionisti, ancora discretamente presenti nelle altre regioni, si trovano, in Lombardia, ad affrontare situazioni di svantaggio sia per quanto riguarda il trattamento economico (accordi integrativi regionali) che per quanto riguarda il costo della vita e il costo delle spese professionali. Per la stesse ragioni vi è scarsa attrattività per i professionisti provenienti dall’estero. Sul versante della Pediatria di Famiglia è prossimo un ricambio generazionale di vaste proporzioni ed è quindi necessaria una attenta programmazione che preveda un adeguato incremento dei posti in specializzazione da finalizzare alle cure primarie pediatriche sul territorio regionale. Si sottolinea che la programmazione della numerosità dei medici convenzionati nell’ambito della medicina del territorio (cfr anche il successivo punto 8) passa anche dalla attenta programmazione del numero di borse di studio da mettere a concorso nell’ambito del Triennio di Formazione in MG, dei finanziamenti da erogare, delle particolari condizioni lavorative ed economiche da mettere in pratica per coloro che lavorano in zone disagiate e molto disagiate, ivi comprese le realtà urbane più difficili. Tali elementi devono poter essere discussi periodicamente anche con la Federazione Regionale degli Ordini.
5. Vanno salvaguardatati il rapporto di fiducia e la libera scelta del medico da parte del cittadino, che sostanziano un’attività professionale fondata sulla personalizzazione del rapporto di cura e sulla sua continuità negli anni, quindi va salvaguardato il sistema di convenzionamento a quota capitaria, che va integrato con incentivazioni per risultati verificabili e maggiore cogenza e uniformità dei compiti dei professionisti. Il sistema di convenzionamento a quota capitaria consente, tra l’altro, un minor costo del Iavoro rispetto alla dipendenza, che richiederebbe comunque la fornitura di strutture e veicoli e l’incremento (impossibile) di professionisti per garantire adeguate turnazioni, liberando quindi, nell’ipotesi di investimenti aggiuntivi, potenziali risorse per il personale di supporto.
6. La rete delle farmacie potrebbe utilmente integrarsi con quella dei MMG/PLS, avendo riguardo alle specifiche competenze professionali ed evitando pericolose deleghe connesse con attività vaccinali estemporanee o con attività di telemedicina svincolate da specifiche referenze di responsabilità di cura. Il ruolo delle farmacie, aggiuntivo alle ordinarie competenze, dovrebbe riguardare aspetti di tipo organizzativo e amministrativo, nonché di supporto logistico.
7. La gestione della cronicità deve essere in esclusiva affidata ai MMG/PLS, unici soggetti identificabili come clinical manager, sia per formazione che per compiti professionali, in particolare per quanto riguarda i pazienti pluripatologici rispetto ai quali risulta indispensabile far sintesi tra diversi apporti specialistici. Unica eccezione a questo
affidamento dovrebbe essere rappresentata dai pochi pazienti in carico diretto alle strutture ospedaliere ad alta specialità, per lo più monopatologici complessi. L’organizzazione dell’attività dovrebbe essere concordata con sindacati e società scientifiche, avuto riguardo alle specifiche realtà dei territori. La gestione della cronicità non può prescindere dall’attività di prevenzione esercitata dai PdF fin dai primi giorni di vita. E’ ormai letteratura consolidata, per esempio, che gli interventi di prevenzione, in particolare suII’aIimentazione e sugli stili di vita, correttamente condotti nei primi 1000 giorni di vita, hanno una possibilità di successo neII’evitare o limitare le “malattie non trasmissibili” in una percentuale incomparabilmente superiore rispetto ai medesimi interventi condotti in epoche successive della vita.
8. La carenza di MMG/PLS andrà affrontata con il potenziamento del corso di formazione specifica in medicina generale e, in via temporanea, con il potenziamento della possibilità di impiegare precocemente sul campo i corsisti, impiego che attualmente trova ancora ostacoli spesso di tipo formale a prescindere dalla necessità di salvaguardare la qualità delle attività didattiche. Il Corso di Formazione deve rilasciare un Diploma di Specialità in Medicina Generale e le borse di studio erogate ai discenti devono essere parificate a quelle delle altre specialità. Il percorso formativo dei futuri Pediatri di famiglia dovrà includere, come d’aItronde previsto dalla normativa vigente, un congruo periodo di frequenza presso gli ambulatori dei PdF già operanti. Per questo dovrà essere reso operativo, in tutte le sedi di scuola di specializzazione, l’indirizzo in Pediatria delle cure primarie previsto dopo il triennio comune.
9. Prioritario è risolvere rapidamente le criticità del sistema informativo di Regione Lombardia, tassello fondamentale nello sviluppo della medicina territoriale e della connessione — integrazione con i vari comparti del SSR. Esistono disfunzioni che incidono non poco sull’attività dei medici rubando tempo prezioso all’attività clinica come il tempo dedicato alla cura e all’ascolto degli assistiti. La rete informatica va potenziata e resa più solida e le informazioni devono viaggiare in maniera automatica e fluida. A titolo di esempio:
a) La prima mossa necessaria alla costruzione di una rete territoriale è, per l’appunto, la ri- stesura della rete. Il SiSS ha mostrato, durante la pandemia, tutti i suoi limiti e con lui il FSE. Tutti gli ospedali e tutto il territorio devono utilizzare linguaggi comuni.
b) Le strutture pubbliche e private accreditate devono essere obbligate a inserire tutti i referti sul FSE .
c) Il consenso del cittadino deve essere raccolto di default quando egli si rechi in una qualsiasi struttura socio-sanitaria.
d) E’ fondamentale raggiungere l’obbiettivo della vera de materializzazione delle ricette mediche; no alla stampa del promemoria, no alla stampa delle ricette dei farmaci in classe C; la stampa deve essere un’eccezione e non la regola
e) Bisogna porre fine ai continui e quotidiani blocchi, interruzioni, ritardi, malfunzionamenti del SISS che sono di ostacolo allo svolgimento della normale attività ambulatoriale.
f) I dati devono essere importati automaticamente nelle schede sanitarie degli assistiti nei gestionali dei MMG/PLS di assistenza primaria
g) È necessaria una gerarchizzazione delle informazioni: oggi si ricevono ogni giorno decine di e-mail senza poterle aprire tutte (anche malfunzionamenti continui del servizio) per ragioni di tempo. Le informazioni devono poter essere veicolate in ragione della Ioro importanza.
10. Oltre alla riorganizzazione delle cure primarie andrà realizzato un intervento sulle strutture residenziali, in particolare le RSA, che dovranno essere pienamente integrate nel servizio sanitario regionale, evitando la frammentazione organizzativa che si è evidenziata nel periodo più intenso della pandemia.
Strutture come ospedali di comunità o POT dovranno essere previsti e potenziati, con un importante investimento in particolare sulle risorse umane.
11. Infine, va portata l’educazione sanitaria nelle scuole e i medici che vi operano dovranno essere messi in rete con il resto del territorio. Parimenti, i Medici del Lavoro dovranno essere messi in rete con le altre strutture territoriali.
Il presente documento non prende in considerazione la necessaria riorganizzazione dei dipartimenti di igiene e prevenzione sanitaria, che dovranno essere oggetto di specifici interventi di potenziamento.

Proposte di Riforma del Sistema Ospedaliero Lombardo
1) Frammentazione della Rete Ospedaliera - La rete ospedaliera lombarda ha una notevole capacità operativa, ma soffre di grande frammentazione tra "attori" pubblici, accreditati e privati, poco coordinati dal punto di vista organizzativo. La "disorganizzazione" del sistema porta a disomogeneità e discontinuità di offerta, con disagio per il cittadino, che fatica a soddisfare le esigenze di cura. Occorrerebbe che il gestore / verificatore garantisse l’auspicabile coordinamento, a favore di una maggiore omogeneità di offerta per gli assistiti. L’obiettivo della ri-organizzazione dovrebbe essere quello della interazione sinergica e paritetica delle strutture, non già della concorrenza (talora, ammettiamolo, concessa su regole “dispari”, che consentono a taluni di eludere compiti onerosi, i quali ricadono poi esclusivamente sugli erogatori pubblici, peraltro gravati da regole organizzative limitanti rispetto al privato accreditato).
2) Adeguatezza Tecnologica - La medicina ospedaliera richiede strumentazione tecnologica di avanguardia, la cui adeguatezza incide significativamente sulla qualità della cura erogata. Disponibilità di strumenti diagnostici e interventistici aggiornati, farmaci innovativi, telemedicina dovrebbero essere considerati prioritari ed essere, soprattutto, oggetto di programmazione a medio-lungo termine, condivisa tra amministratori e professionisti; tutti gli attori del sistema sanitario devono essere messi in grado di condividere consapevolmente la responsabilità di scelte che, in un sistema di risorse finite, non può rispondere solo ad esigenze “di nicchia”, ma deve rispondere ad una visione di insieme, volta sempre a garantire le cure adeguate a tutti coloro per cui esse si rendano ragionevolmente indicate. Le risorse tecnologiche non dovrebbero essere distribuite “a pioggia”, ma seguendo un razionale che faccia riferimento ad una solida e condivisa gerarchia funzionale delle strutture e dei servizi di erogazione. In questo ambito occorre sottolineare l’importanza di predisporre, condividere ed attuare coerentemente piani di programmazione sanitaria a medio-lungo termine.
3) Ultraspecializzazione e perdita di visione olistica del paziente - Il Iavoro delle strutture ospedaliere è evoluto in attività molto complesse ed articolate, specialistiche ed ultra-specialistiche. Le tecnologie sono molto sofisticate e comprendono macchinari costosi e complessi, strumenti
diagnostici e terapeutici (devices elettronici) a gestione telematica, procedure di telesorveglianza, supporti robotizzati, valutazione dei dati con procedure basate sulla cosiddetta intelligenza artificiale. Se queste innovazioni richiedono professionisti estremamente esperti ed addestrati, sul versante clinico è sempre più necessaria la figura del medico in grado di organizzare le cure con la giusta visione olistica del paziente, spesso portatore di polipatologia, quindi meritevole di attenzioni multispecialistiche, ma al quale occorre poi saper proporre una gerarchia di cure “personalizzate” nel suo specifico contesto di malattia. Dovrebbe essere proposta, almeno a livello sperimentale, una figura definibile con il termine di “hospitalist”, con funzioni di sintesi e personalizzazione del progetto terapeutico di ogni singolo paziente.
4) Mantenimento del risultato di cura - La medicina ospedaliera non deve dimenticare le doverose attenzioni al mantenimento nel tempo dei risultati, spesso mirabili, consentiti nelle fasi acute di malattia. La cura del paziente cronico è fatta anche di prevenzione (primaria e secondaria), di verifica deII’aderenza terapeutica, di cura dello stile di vita, di promozione della salute ad ampio spettro. E’ auspicabile che vengano razionalizzati ed attuati con efficacia, piani di verifica a distanza delle cure, con una interazione strutturata tra ospedale e territorio, favorendo il coordinamento tra operatori. In questa direzione, andrebbe promossa la più completa collaborazione con gli operatori del sociale, le onlus di volontariato, le amministrazioni civili (comuni), con l’obiettivo di avviare programmi condivisi e sinergici. Dal punto di vista tecnico, ci si potrà avvalere di tecnologie innovative di monitoraggio e telecomunicazione, con le quali la popolazione generale ha iniziato necessariamente a familiarizzare in “epoca covid”.
5) Strutture a bassa intensità di cura - Il sistema ospedaliero lombardo si è storicamente concentrato sulle eccellenze specialistiche, campo nel quale vanta una tradizione solida e riconosciuta a livello nazionale. Poca attenzione è stata purtroppo posta alla strategia di cura a cavallo tra ospedale e territorio, per mezzo di strutture a bassa intensità assistenziale, in parte delineate da alcuni provvedimenti legislativi (PREST, POT), lasciati cadere in disuso prima ancora di provare ad attuarli. Tali progetti andrebbero ripresi ed ampliati in collaborazione con la medicina del territorio. In particolare, sta a cuore la necessità crescente di riabilitazione e di cure intermedie, tra ospedale e domicilio, tanto importanti nella sempre più ampia coorte di cittadini gravati da vario grado e tipo di disabilità / fragilità / inabilità. Questa tipologia di struttura assistenziale merita di essere applicata e potenziata soprattutto nei territori periferici, in contesti geografici montani o comunque poco favorevoli ai trasferimenti. E’ innegabile che un unico modello assistenziale può non essere sempre adeguato a contesti tanto diversi quanto quello metropolitano ad un estremo e quello montano all’altro; si auspica, pertanto, la ristrutturazione del sistema con caratteristiche di duttilità operativa, che consentano di applicare pratiche omogenee con metodologie differenziate in base al contesto locale.
6) Sistemi Informativi carenti - L’integrazione tra differenti “attori” e strutture richiede integrazione vera, agile e coordinata dei sistemi informativi. I sistemi informativi regionali digitalizzati, non sono mai stati realmente adeguati alla complessità del sistema ed ancora oggi costituiscono più un ostacolo che un aiuto, sia per gli operatori sanitari, sia, soprattutto, per il cittadino. Occorre riconoscere che quanto messo in atto fino ad oggi non è assolutamente pari a quanto reso disponibile dal mercato: pur riconoscendo la necessità di garantire collegamenti protetti e sicuri, operatori ed assistiti non dispongono attualmente di strumenti amichevoli ed agili
per comunicare in sanità. Occorre riconoscere con realismo che la burocratizzazione delle procedure, in ossequio a giuste, ma spesso farraginose, procedure di protezione del cittadino e dell’attività dei sanitari, non è stata favorita, ma, anzi, appesantita dalla informatizzazione. Il trasferimento delle procedure burocratiche su sistemi informatici lacunosi, disomogenei e difficilmente o per nulla interagenti, si trasforma in uno sgradevole appesantimento di tutto il Iavoro clinico, ormai spesso marginalizzato ai “ritagli di tempo”; mai come in sanità occorre immaginare una riforma per la semplificazione delle procedure, a esclusivo favore del tempo di cura e dell’efficacia dell’assistenza reale (alle persone e non alle procedure!).
7) Debole integrazione ospedale — territorio - Una vera integrazione tra ospedale e territorio, deve essere attuata anche a livello di gestione delle aziende sanitarie, identificando responsabilità realmente coordinate non solo negli ideali delle mission legislative, ma nella pratica degli obiettivi e dei risultati. I medici, pur nel rispetto di competenze manageriali, devono poter contribuire alla programmazione di medio-lungo termine delle aziende ospedaliere. Deve essere posta grande cura nel consentire il turn-over del personale sanitario, la cui carenza si è dimostrata ancor più critica nel corso della recente pandemia. Sarebbe auspicabile realizzare esperienze suppletive alla carenza di specialisti ospedalieri, rendendo possibile, almeno a titolo sperimentale e transitorio, l’istituzione di ospedali di insegnamento, per la formazione di professionisti extra-numerari a quelli in formazione nelle scuole di specialità.
Nella consapevolezza della sinteticità delle osservazioni formulate nel documento, si resta a disposizione per tutti i necessari approfondimenti nell’ambito di specifici gruppi di Iavoro.

 

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